Ho conosciuto nani e ballerine. Ho conosciuto la spavalda incoscienza di molti colleghi e i loro (pre)giudizi da condominio di periferia. Ho conosciuto editori-roditori. Ho conosciuto individui danarosi, accerchiati da beoti e insegnanti di sostegno, incapaci del coraggio delle proprie azioni. Ho conosciuto gente convinta che le persone valgono per quello che guadagnano. Ho conosciuto la virtù della coerenza. Ho conosciuto l’assordante rumore della solitudine e del silenzio. Ho conosciuto l’amarezza dell’indifferenza. Ma soprattutto ho conosciuto la triste esperienza di trovarsi, ex abrupto, compagna quotidiana la malattia. Quella che ha colpito la persona più cara: la donna che mi ha messo al mondo e che per oltre quarant’anni ho chiamato Mamma. Ora che non c’è più ripercorro i momenti di un’esistenza non vissuta. Chi si ricorda dei primi pianti, delle prime scoperte, dei primi sorrisi, delle prime parole se non attraverso il racconto della propria madre? E chi può ricostruire l’affetto di una foto che ti ritrae tra le sue braccia se non la propria madre? Per anni mia madre è stata confidente, amica, complice, compagna anche di giochi, e non solo in tenera età. A Lei ho confessato il mio primo amore. A Lei ho confessato le mie mancanze. A Lei ho chiesto di intervenire per sostenere una richiesta nei confronti di mio padre (persona di gran cuore e di sani principi). A Lei ho espresso l’intenzione di fare il giornalista, nonostante mi volesse architetto e, in ripiego (ma sia detto senza offesa per la categoria), insegnante. E Lei mi ha sempre sostenuto, aiutato, incoraggiato instancabilmente.
Mamma è andata via, quattro anni fa, nel giorno del mio compleanno. Dall’allora non festeggio più quella data. Non perché gli anni inizino a pesare, ma per l’immensità di un sentimento che non può spegnere candeline mentre sono accesi i ceri.
Mamma è stata consumata da un male incurabile (anche se resto dell’idea che è stato un male curato male). Ho conosciuto l’impotenza dell’agire. Non auguro a nessuno di vedere la propria madre, o un proprio genitore o un fratello/sorella, spegnersi lentamente. Vivere una malattia che fa di ogni giorno una conquista, guadagnata con grande fatica. So, quindi, cosa vuol dire precipitare nello sconforto dopo l’annuncio della malattia (chissà perché ad alcuni medici neanche un corso di comunicatori riuscirebbe a togliere l’asprezza di una notizia così terribile fatta in modo “clinico”, freddo e senza togliere troppo tempo alla propria giornata lavorativa). So anche cosa significa la ricerca affannosa di una via d’uscita. Di un istituto di ricerca, di un ospedale, di un medico capace di dare una speranza. Di trovare una soluzione che spesso non esiste. Ho capito anche quanto sia importante la ricerca, l’aiuto alla lotta contro i tumori. Ma soprattutto quanto sia importante avere la possibilità di pagarsi cure costose e consultare i medici più qualificati nel settore.
Da tempo, insieme ad altri colleghi, stiamo combattendo una battaglia contro un male incurabile, grazie soprattutto alla Giustizia (perdonate la lettera maiuscola ma credo ancora in certi valori) italiana: l’indifferenza di un editore (consigliato male da manager maneggioni, anche questa è una malattia incurabile!) alle esigenze dei propri dipendenti, lasciati da mesi senza stipendio. Mi chiedo: se uno dei suoi dipendenti, quelli lasciati fuori dalla redazione in un giorno uggioso di novembre, avesse avuto bisogno di pagarsi cure costose per combattere un male terribile e avrebbe dovuto contare sui soldi del suo lavoro, come avrebbe fatto? Forse si sarebbe venduto un rene o parte del fegato o chissà cos’altro (i testicoli no, perché in molti colleghi manca la materia prima).
Eppure, in questo momento di difficoltà mi sento vicino a quanti stanno combattendo una lotta contro un male terribile, subdolo, che ricompare quanto sembra sparito, che ti sfianca perché non dà riposo, che vive con te, che vive di te. Per questo ho deciso di devolvere parte dei soldi che l’Editrice il Meridiano mi deve alla Lega contro i Tumori. Naturalmente la donazione avverrà al pagamento degli stipendi e delle competenze maturate dal sottoscritto (speriamo, con questo, che la Lega contro i Tumori e gli eventuali beneficiari del contributo, i malati bisognosi di cure e assistenze, non si aggiungano alla lunga lista dei creditori del Meridiano).
Maurizio Tardio
mercoledì 19 marzo 2008
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5 commenti:
Grazie Maurizio per questo magnifico intervento. Sentito, davvero. Anch'io ho perso la mamma a causa di un cancro incurabile. Quattordici anni fa. Si è spenta lentamente dopo undici mesi di sofferenze. Sue e nostre. Un tempo infinito, impossibile da raccontare. Infinito, eppure brevissimo... Avessi potuto, l'avrei tenuta con me per sempre. Non era possibile. Forse era giusto così. Resta il fatto che tutto il cinismo possibile non mi ha aiutata ad accusare meno la sua assenza. L'ho amata e l'amo più di ogni altra cosa al mondo. Oggi più che mai la vorrei con me... vorrei potesse conoscere l'uomo meraviglioso che sto per sposare, l'uomo che mi ha reso felice. Ma, pensandoci, lei qesto lo sa già!
Grazie Maurizio
Mariagrazia
F.Q.
Grande Mauro.
Fortunatamente non conosco questo genere di dolore, e fino ad oggi non mi ero posta il problema di coloro che, per "sopravvivere", sono costretti a dar fondo a tutto ciò che guadagnano. E quando ciò che ti spetta non ti viene retribuito, la questione diventa davvero "morale". Spero che chi legga questo intervento davvero illuminato di Maurizio, riesca a cogliere questa "sfumatura", per capire che non si gioca con le persone e con le problematiche che, ognuno di noi si porta dietro.
Ivana
http://www.youtube.com/watch?v=-YDjC8OTg5c&feature=related
Daria (Christian)
Quante sere che mi addormento con il pensiero
Di ritornare da te
Giorno dopo giorno mi sento così straniero
In questo posto per me diversooooo
Dammi solo il tempo di avere un po' di fortuna
Per un'idea che ho
Nella mia valigia ci metto anche un po' di luna
E poi ritornerò per dirti
Daaaaaaaaa ria
Il tempo vola
Ma tu da ora con me non sei più sooooo laaaa
Per un amore che va
Un altro sta nascendo dentro te
E dolcemente tu
Sarai per sempre Daaaa ria
Daaaaaaaaa ria
La prima seeeee ra
Non c'era più l'innocenza della scuooooooo la
Quella bambina oramai
Sta diventando donna sempre più
Ma dolcemente tu
Sarai per sempre Daaaa ria
Daria due coralli di mare negli occhi chiari
Io ti ricordo così
E quei baci sotto il silenzio di mille peli
Li sento ancora sul mio peddazzo
Daaa ria
Il tempo vola
Ma tu da ora con me non sei più sola
Per un amore che va
Un altro sta nascendo dentro te
E dolcemente tu
Sarai sempre Daaa ria
Daaa ria
La prima sera
Non c'era più l'innocenza della scuola
Quella bambina oramai
Sta diventando donna sempre più
Ma dolcemente tu
Sarai per sempre Daaa ria
PS AUGURI E FIGLI ONESTI
da Francesco
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